"Un battito d'ala del cervello"
Richard Rogers, maggio 2001
Prima che Dario fosse artista era architetto e cartoonist. Prima, infatti, c'era una rana, verde e amichevole. Un profilo che occupava molti fogli di carta.
Con il tempo ha subito una metamorfosi. Il profilo è diventato una linea. E la linea si è poi messa in viaggio. Si è srotolata ed è diventata una linea con vita propria - talvolta di acciaio luccicante o di vetro trasparente che appare nello spazio in modo incisivo. Talvolta più sfuggente: quasi un filo invisibile. Come noto, Paul Klee diceva che il disegnare porta a passeggio la linea. In questo caso, la linea è l'avventura stessa: accumulando energia e massa, assumendo emozioni, raccontando la felicità, il dolore, l'amicizia e l'amore, il paesaggio e le persone, i luoghi e i viaggi, gli uccelli e i pesci.
La linea è magica, libera di mutare, di trovarsi nel vetro, nell'acciaio, nel legno, nella pietra, nei materiali che danno autorità e limpidezza alle emozioni. Può guardare da lontano l'ambiente o entrare a farne parte. Comunque la linea può scegliere i materiali, va oltre ogni incarnazione, nella quale vive, si muove ed esiste. La linea trascende le sue circostanze. Galleggia libera. Vive nello spazio e la sua leggerezza è in qualche modo spirituale, pura energia. Dario ha una compagna, nella vita e nel lavoro, Lucia. E' una persona magica e piena di talento in ogni senso. Insieme hanno fatto viaggi epici: hanno installato opere trasportandole da Firenze al Circolo Polare Artico. Un fiume, una montagna, una grotta, una stanza, il luogo fa parte della scultura ed è fotografato bene da Lucia e Dario. Loro registrano i viaggi epici e le relazioni tra l'arte, la natura, il costruito, opere d'arte loro stessi. A Londra, per esempio, hanno usato il River Café e il mio studio di architettura come un laboratorio. Potevamo guardare Dario mentre dava forma alle sue sculture. Il cortile al centro degli edifici ospitava un cervello pulsante in vetro blu, sospeso in modo invisibile. Una mano brillante di acciaio spuntava dal terreno. Mia madre, zia di Dario, si materializzava sulle scale antincendio dello studio, solo per essere rubata forse da un'appassionato delle opere di Dario. Mi manca.
Dario e Lucia viaggiano con la moto o con il loro furgone modificato. Dario realizza scatole da mago in legno piene di magie, che viaggiano ovunque lui vada. Sembra che porti un tipico fucile mitragliatore dei contrabbandieri americani degli anni 30. Una volta aperte, contengono tutti gli strumenti necessari per costruire il "magico" di Dario. Il processo di costruzione è fondamentale per l'opera. Colori scintillanti, canne di vetro, barre brillanti di alluminio, tondini arrugginite di ferro, sostegni e supporti prendono forma con semplici strumenti, qualsiasi forma dettata dalla mente senza riposo di Dario.
Questi strumenti, questi materiali, sono selezionati per poter essere trasportati nei luoghi delle installazioni. Sono anche di dimensioni limitate dalla scatola piacevolmente ordinata di Dario, la sua scatola dei sogni in legno multistrato. I luoghi sono parte intrinseca delle opere che ne definiscono il significato spaziale; che il luogo sia il soggiorno di Dario o la sponda di un fiume al Circolo Polare Artico. Affacciato verso Firenze, il suo soggiorno è una grotta di Aladino piena di linee volanti e di zig-zag, di parabole e di curve. Una voliera dell'immaginazione.
La linea di Dario è energia, un flusso, che esiste in vetro o in acciaio. Si pensi ad un fiume. Come disse Eraclito, non si può mai bagnarsi due volte nello stesso fiume. Il fiume è sempre il fiume ma è in continuo cambiamento. Ed è così con la linea di Dario, a volte singola, a volte densa, a volte un vortice, con il colore della superfice costantemente incostante, che trasporta l'occhio oltre se stessa fuori nello spazio. Ora di nuovo la linea è inquadrata come l'istante di un fulmine. Ma la gioia che proviamo è il flusso senza fine della linea, la sua riluttanza a fermarsi, la sua inesauribile dono di eccitamento estetico.
La linea è libera, libera di prendere forme riconoscibili; rami al vento, un fulmine, le volute di un cervello. Oppure la linea di Dario diventa il profilo di Sergio, suo padre chirurgo, o di Dada mia madre, o di sua madre; da cui tutti, insieme a sua moglie, ha tratto le fondamenta della sua creatività.
È stato Archizoom, il famoso gruppo sperimentale di architetti degli anni 60, che ha dato a Dario una visibilità internazionale. Ma solo negli anni 90 Dario ha trovato la strada per liberarsi dalla mano soffocante della storia fiorentina e diventare un artista a tutti gli effetti. Certamente, la mostra nel Giardino di Boboli e a Palazzo Pitti, un palazzo nato dal progetto del più grande architetto fiorentino, è essa stessa la dimostrazione che l'arte è senza tempo. E come luogo è particolarmente appropriato per Dario, la cui arte prende sempre energia dai luoghi che la circondano. La sua arte è una collaborazione tra artista e ambiente, come appare immediatamente dalle sue azioni.
Attraversiamo il cielo e perdiamo la linea contro il sole. La linea avanza, e si perde negli alberi. Sole, vento, paesaggio danno movimento e vigore alla linea. E poi, limitata, umana, la linea viene afferrata dal bisogno di fermarsi. Per un momento soltanto. E poi l'avventura si rinnova e riprende nello spazio: un battito d'ala del cervello.