Uccello e Plein air Poggio Valicaia, Scandicci, Firenze. Estate 2003
 
Uccello
Plein air
Ø 40 mm (di Gliberto Corretti)
come piegare una barra
diario
uccello uccello
 
Due figure che si scrutano.
La prima, un grande uccello che si incontra seguendo il percorso, la seconda, un plein-air, metafora della pittura.
Uccello ha un cervello le cui volute, o pieghe, sono come quelle di un cervello umano. È il desiderio di restituire al cervello umano l'emozione percettiva di un animale, di partecipare del suo volo, dei suoi sensi enormemente più efficienti dei nostri.
Plein air è un quadro che guarda l'oliveta e l'Uccello; è aperto e incompleto, nell'angolo assente c'è una nuvola, in basso alcuni fori sull'asse di castagno consentono allo spettatore di inserire rami, fiori, togliere e aggiungere altro materiale.
È un paesaggio rappresentato e nello stesso tempo è il paesaggio dell'oliveta di Poggio Valicaia che si vede attraverso la cornice. Una visione bi-stabile tra realtà esterna e gesto dell'artista. Un invito alla riflessione sul dualismo tra percezione del mondo e proiezione di sé. Tra arte e percezione.
Come nell'atto d'amore dove il desiderio si orienta sulla natura e sulle qualità dell'oggetto, ma esiste solo se circolano gli ormoni nel corpo di chi guarda.
L'ambiente, la sua rappresentazione e l'azione concentrata del fare arte sono distinti, ma inseparabili.
 
Uccello
Uccello
Plein air

Plein air
Diario del montaggio
14 luglio 2003, a Poggio Valicaia con la benna si conficcano le siringhe, solo parzialmente (comunque oltre 1,3 m) perché ci sono sassi, e non proprio verticalmente: dovrò lavorare bene per tenere tutto in equilibrio.
17, porto il paranco e la zampa sinistra a Poggio Valicaia. Col flessibile taglio le siringhe a circa 40 centimetri dal suolo.
18, con Lucia, posiziono le due zampe: sono ancora da correggere nonostante avessi predisposto in laboratorio un supporto per simularne la posizione.
19, con Lucia, la zampa sinistra va bene, resta sul posto.
20, con Lucia, nuova presentazione della zampa destra: torna indietro per cercare le nuove inclinazioni che consentano di unire le tre cerniere.
21 visita con Adriana Polveroni. Ci sono le quattro siringhe, la zampa sinistra e il paranco.
22, installo Uccello. Taglio col flessibile 6 cm della zampa destra e 20 della siringa per poter ottenere l'incastro e per regolarizzare le altezze: il calcagno destro era troppo alto. Una grande poiana volteggia bassa incuriosita dalle mie manovre.
23, presentazione della cornice di Plein air. Si porta indietro solo la parte sinistra. Contatto con Francesca della Monica per "in a landscape" di John Cage.
24, prova della parte sinistra di Plein air.
26, luglio, sabato, si porta la base di Plein air e si riportano indietro i due pezzi della cornice per piccole correzioni. Pic-nic con Lucia, Gilberto, Francesca e Ester.
27, montaggio definitivo di Plein air.
28 luglio 2003. Stesura di catrame e oltremare.
2 agosto, visita di Francesca della Monica a casa, poi a Poggio Valicaia per preparare la performance.
4 agosto foto e piombo (bargiglio) di 150 grammi per equilibrare la postura di Uccello. 12 settembre sistemazione di Freccia verde come segnaletica. Incontro e presentazione a Poggio Valicaia coi curatori di "Yorkshire Sculpture Park" di Wakefield (UK) e "Artscape Nordland" di Bodø (Norge).
14 a Poggio Valicaia si inaugura Uccello e Plein air con Francesca della Monica e Massimo Verdastro che legge "in a landscape" di John Cage. Mi commuovo.
Plein air è questa sospensione tra la visione retinica del paesaggio e l'invisibilità del segno artistico.
top
Ø 40 millimetri  per Dario a Poggio Valicaia
II ferro è un metallo molto comune in natura tanto che si parla di un'enorme palla di ferro e nichel, di milletrecento chilometri di raggio, piazzata al centro della terra. Il ferro è di color bianco argento, è forte e resistente agli sforzi. Scaldato alla fiamma diventa docile e malleabile, pronto a recuperare tenacia e robustezza appena raffreddato.

Dario nelle sue opere usa ferro in barre di sezione circolare di vario diametro che usa piegare dopo averle scaldate alla fiamma ossiacetilenica. Per la piegatura usa la forza delle proprie braccia, dopo avere incastrata la barra in una morsa elementare ferma in un elementare banco di lavoro.
In questo modo si arrivano a piegare tondi di sezione limitata, dieci, venti, millimetri di diametro.

Stavolta Dario ha usato barre di ferro di quaranta millimetri di diametro. Una barra di ferro di questa sezione pesa quasi dieci chili ogni metro di lunghezza. Inezie, in palestra si sollevano quintali per sviluppare i pettorali, ma piegarla è un'altra cosa.
Si può andare in un'officina meccanica, incastrare la barra nel mandrino di una piegatrice idraulica, l'operaio assegna l'angolo e il raggio di piegatura e con un soffio di pistoni ed un cigolio di acciai sfregati il gioco è fatto.
Credo che tutto questo sarebbe stato estraneo al modo di lavorare di Dario, ed infatti non l'ha fatto, e credo che in questa scelta sia una delle chiavi di lettura, se non il significato, della sua opera.

Lo spazio di lavoro di Dario è uno spazio domestico, confortato dalle intimità e dalla confidenza di oggetti e creature apparentate fra loro da legami di amicizia, tolleranza, curiosità, empatia per i fatti e le vicende della natura e del mondo in generale.
Questo spazio trova una collocazione ideale nella casa di Dario e Lucia, opera vivente e compiuta se pure in apparente stato di evoluzione e crescita.
Anche quando Dario lavora lontano da casa, ricordo quando l'ho visto lavorare a Villa Lanzi, nel parco del Temperino, intorno a lui ed al suo lavoro era nata una casa ed una famiglia. Dario e Lucia abitavano lì.

Per avere diritto di asilo in questa comunità di lavoro e sentimenti anche il tondo di ferro di quaranta millimetri deve avere una sua investitura, una fase di conoscenza e di riconoscimento reciproci come accade quando si accolga qualcuno nella propria sfera fino a farlo diventare intimo e partecipe di gioie e dolori.
In questa sfera la piegatrice idraulica non trova ragione al suo essere, è un corpo estraneo perché appartiene ad un mondo - di produttività, efficienza e durezza di comportamenti - estraneo. Si trattava di convincere quella barra a piegarsi ed a farlo di sua spontanea volontà, con la persuasione scaturita dalla necessità dell'appartenere ad una comunione di intenti, quella forza che appartiene alla sfera della fede più che a quella della ragione.

E la barra si è piegata, con l'ausilio di un paranco da velisti, poca cosa, giusto il necessario per issare la vela sull'albero, in sintonia con una barra di acciaio che offriva la leva occorrente a vincere lo sforzo necessario. Le cose sono semplici, in fondo.
Gilberto Corretti, 26 luglio 2003 top
Come piegare "a mano" una barra di acciaio di 40 millimetri di diametro
per fare le gambe dell' Uccello di Poggio Valicaia
Plein air
top